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Ambiente

Legambiente presenta Ecosistema Rischio 2017

Il monitoraggio condotto nelle amministrazioni comunali rivela quanto sia fondamentale investire sulla prevenzione.

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Il monitoraggio condotto nelle amministrazioni comunali rivela quanto sia fondamentale investire sulla prevenzione. Dallo studio di Legambiente si evince, inoltre, quanto sia necessario che le politiche di adattamento ai cambiamenti climatici vadano di pari passo alle misure di riduzione del rischio idrogeologico

Un’Italia sempre più fragile e insicura, incurante dell’eccessivo consumo di suolo e del problema del dissesto idrogeologico mentre i cambiamenti climatici amplificano gli effetti di frane e alluvioni. A parlare chiaro sono i dati di Ecosistema Rischio 2017, l’indagine di Legambiente sulle attività nelle amministrazioni comunali per la riduzione del rischio idrogeologico, realizzata sulla base delle risposte fornite da 1.462 amministrazioni al questionario inviato ai 7.145 comuni classificati ad elevata pericolosità idrogeologica (oltre l’88% del totale) secondo i dati dell’Ispra.

Nel 70% dei comuni italiani intervistati si trovano abitazioni in aree a rischio. Nel 27% sono presenti interi quartieri, mentre nel 50% dei comuni sorgono impianti industriali. Scuole o ospedali si trovano in aree a rischio nel 15% dei casi, mentre nel 20% dei comuni si trovano strutture ricettive o commerciali in aree a rischio. La costruzione scellerata non è un fenomeno solo del passato: nell’ultimo decennio il 9% dei comuni (136) ha edificato in aree a rischio e di questi 110 hanno costruito case, quartieri o strutture sensibili e industriali in aree vincolate, nonostante il recepimento del PAI (Piani di assetto idrogeologico) nella pianificazione urbanistica. Preoccupanti anche i dati sulla cementificazione dei letti dei fiumi: anche se il 70% dei comuni intervistati (1.025 amministrazioni), svolge regolarmente un’attività di manutenzione ordinaria delle sponde dei corsi d’acqua e delle opere di difesa idraulica; il 9% delle amministrazioni ha dichiarato di aver “tombato” tratti di corsi d’acqua sul proprio territorio, con una conseguente urbanizzazione delle aree sovrastanti, mentre solo il 4% ha eseguito la delocalizzazione di abitazioni costruite in aree a rischio e il 2% la delocalizzazione di fabbricati industriali. A pagare lo scotto di questa Italia insicura sono gli oltre 7,5 milioni di cittadini esposti quotidianamente al pericolo che vivono o lavorano in aree potenzialmente pericolose e la cui incolumità deve essere la priorità del Paese.

Il Consiglio Nazionale dei Geometri e Geometri Laureati ha partecipato all’incontro, rappresentato dal Consigliere Pasquale Salvatore: “Il quadro emerso dall’indagine di Legambiente conferma la necessità di invertire l’approccio alle tematiche ambientali, puntando alla prevenzione che può essere attuata solo partendo dalla conoscenza puntuale del territorio. A tal proposito, la nostra Categoria è da sempre in grado di contribuire alla redazione di un piano nazionale finalizzato a prevedere interventi aderenti alla realtà in cui vengono calati. Per il ruolo che svolgiamo a supporto dei cittadini – conclude – concorriamo a diffondere la cultura della convivenza con il rischio e della necessità di prevenire”.

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