Cambio di destinazione d’uso: regole, limiti e novità normative
Cambio di destinazione d’uso: regole, limiti e novità normative per trasformare immobili e spazi in funzione di nuove esigenze urbanistiche e commerciali

Il cambio dellla destinazione d’uso di un immobile significa cambiare ufficialmente la sua funzione: un’operazione che comporta obblighi burocratici, oneri economici e l’assoluto rispetto delle norme edilizie vigenti.
in questo articolo:
Cambio di destinazione d’uso: regole, limiti e novità normative per trasformare immobili e spazi in funzione di nuove esigenze urbanistiche e commerciali
Il cambio di destinazione d’uso è una procedura indispensabile quando si intende trasformare la funzione di un immobile, passando, ad esempio, da uso abitativo a commerciale o da produttivo a turistico-ricettivo. Questa operazione, disciplinata dalle norme urbanistiche, implica un iter preciso: dalla richiesta di autorizzazione comunale fino all’aggiornamento catastale. Affidarsi a un professionista qualificato (architetto, ingegnere o geometra) è fondamentale per gestire ogni fase in modo corretto e conforme alla legge.
Che cosa è la destinazione d’uso?
Ogni edificio ha una precisa funzione definita come destinazione d’uso, stabilita dal Piano Regolatore Comunale e regolata dal D.P.R. 380/2001, che individua cinque grandi categorie: residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale e rurale. Ogni modifica tra queste categorie richiede verifiche accurate, poiché non sempre è possibile procedere liberamente: basti pensare alla trasformazione di un’abitazione in un ufficio o di un capannone agricolo in un ristorante.
Gli edifici residenziali ospitano abitazioni private; quelli turistico-ricettivi includono hotel, B&B e campeggi; le strutture produttive e direzionali comprendono aziende, uffici e studi professionali; la categoria commerciale raggruppa negozi, bar e ristoranti, mentre quella rurale è destinata a aziende agricole e agriturismi. Se coesistono più funzioni, prevale quella sviluppata su una superficie maggiore, come accade spesso negli agriturismi con vendita diretta di prodotti.
Cambio di destinazione d’uso: rilevante o non rilevante.
È considerato rilevante quando comporta il passaggio tra categorie diverse (ad esempio da negozio a casa) e necessita di permessi edilizi specifici e aggiornamenti catastali. Se invece la trasformazione avviene all’interno della stessa categoria (ad esempio da bar a ristorante), il cambio è generalmente meno complesso e si procede attraverso una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività).
La normativa prevede che ogni richiesta venga valutata tenendo conto della compatibilità urbanistica: la nuova funzione deve essere ammessa nella zona secondo le regole del Piano Regolatore. Ulteriori vincoli possono derivare da restrizioni paesaggistiche, storiche o da norme igienico-sanitarie (come le altezze minime, la ventilazione e l’illuminazione naturale), che possono variare sensibilmente da Comune a Comune. Non meno importanti sono i regolamenti condominiali, che possono vietare specifiche attività all’interno di fabbricati residenziali.
Decreto Salva Casa (DL 69/2024)
Un ruolo chiave lo gioca oggi il Decreto Salva Casa (DL 69/2024), che ha introdotto semplificazioni per il cambio di destinazione d’uso di singole unità immobiliari, specialmente nelle zone A (centri storici), B (zone residenziali consolidate) e C (espansioni residenziali). Restano esclusi gli immobili a destinazione rurale e le normative locali possono comunque prevedere ulteriori limitazioni o condizioni particolari.
Il decreto, mirato a combattere l’abbandono di edifici e a rivitalizzare le aree urbane, consente cambi di destinazione anche tra categorie diverse, a condizione che la nuova funzione sia coerente con quella prevalente dell’edificio nel suo complesso.
Quanto costa modificare la destinazione d’uso?
Sul fronte economico, il costo di un cambio di destinazione d’uso varia ampiamente a seconda della complessità dell’intervento, della localizzazione e delle dimensioni dell’immobile. Tra le principali voci di spesa troviamo:
- compensi professionali per la redazione delle pratiche edilizie e catastali;
- eventuali opere edilizie per l’adeguamento (come la messa a norma di impianti o la modifica di spazi interni);
- oneri di urbanizzazione, calcolati in base al maggiore carico urbanistico generato (servizi, viabilità …);
- costi amministrativi per l’aggiornamento catastale e l’eventuale variazione della rendita catastale, che incide su tasse come l’IMU.
In media, i costi totali possono oscillare da poche centinaia di euro (per cambi non rilevanti) fino a diverse migliaia, se sono necessarie opere di adeguamento sostanziali.
Chi può eseguire il cambio di destinazione d’uso?
Solo figure tecniche abilitate possono seguire il procedimento del cambio destinazione d’uso dall’inizio alla fine. Per casi più complessi, può rendersi necessaria la collaborazione con imprese edili, termotecnici o altri specialisti, per garantire che ogni intervento rispetti le normative e che l’immobile sia pienamente funzionale nella nuova destinazione.
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